La maggioranza dei disturbi che ai giorni nostri i pazienti riferiscono al proprio medico sono di carattere infiammatorio cronico, una condizione che si realizza quando uno stato infiammatorio di basso grado finisce per estendersi per molti anni diventando così la base per l’insorgenza di patologie complesse (diabete, Parkinson, Alzheimer, tumori, cardiopatie, ecc.). In quest’ottica la dieta assume un’importanza fondamentale dal momento che proprio attraverso l’assunzione di cibo si possono generare delle sostanze capaci di sostenere questo processo infiammatorio cronico (pensiamo ad esempio alla Gluten Sensitivity, alla disbiosi intestinale derivante da un’alimentazione squilibrata magari associata ad una scorretta gestione neurovegetativa dello stress, alle intolleranze alimentari o alla celiachia, anche e soprattutto alla sindrome metabolica); in altre parole esistono dei componenti specifici della dieta che sono associati al processo infiammatorio, in particolare mi riferisco ai prodotti finali della glicazione (AGE’s) che da un lato vengono generati durante il trattamento termico degli alimenti, dall’altro si formano fisiologicamente nel nostro organismo, aumentando i loro livelli nel diabete.

Gli AGE’s sono un gruppo eterogeneo di composti che, come ho già spiegato, possono derivare anche dai cibi soprattutto in relazione ai metodi di cottura, va comunque ricordato come solo il 10-30% degli AGE’s presenti nel cibo venga assorbito dall’organismo (Koschinsky, T. et al., 1997), attraverso meccanismi non ancora del tutto chiariti; la parte restante degli AGE’s, sfuggita ai processi di digestione e assorbimento, finisce per transitare nel colon nel quale produce un’alterazione del microbiota presente, alterando persino l’integrità strutturale dell’intestino. Si tratta di un effetto a cui si può far risalire l’azione pro-infiammatoria di questi composti nell’intero organismo (Birlouez-Aragon I et al., 2010); voglio sottolineare come proprio gli AGE’s di derivazione alimentare siano i responsabili degli alti livelli degli stessi AGE’s circolanti nell’organismo, dello stress ossidativo, dell’infiammazione unitamente ad una ridotta risposta immunitaria innata ed dell’insulino-resistenza (anticamera del diabete).

Gli AGE’s così formati interagiscono sia a livello cellulare, mediando da un lato un incremento dell’espressione di mediatori infiammatori e dello stress ossidativo, dall’altro essi finiscono per legarsi con le proteine alterandone la conformazione spaziale e la relativa funzione (ad es. il collagene, velocizzando il processo di invecchiamento cutaneo):

 

 

(Garay-Sevilla ME et al., 2021)

Per essere più precisi riguardo al tipo di cottura maggiormente implicata nella formazione di questi composti tanto dannosi, voglio ricordare quella della carne alla griglia specialmente per quanto riguarda la carne proveniente da animali no grass-feed (nutriti anche e soprattutto con cereali -mais, grano e orzo-  e soia) per questo caratterizzati da carni più grasse; viceversa una cottura di carne proveniente da animali allevati a pascolo a temperature più basse e ricche  di acqua, come per lo stufato o il bollito, diminuisce il contenuto di AGE’s degli alimenti.

Insomma la misura degli AGE’s negli alimenti è direttamente correlata a variabili quali tecnica di cottura, durata, condimento, pH e superficie di cottura in modo che, a parità di tempo e carne cucinata, diminuiscano considerevolmente i loro livelli indipendentemente dalla composizione in macronutrienti (Uribarri, J. Et al., 2010).

In un recente studio sono stati raccolti i dati di diverse ricerche in relazione agli effetti di una dieta restrittiva di AGE’s di derivazione alimentare della durata di 1 anno, i partecipanti si sono limitati a modificare la metodica di cottura senza intervenire su macronutrienti o apporto calorico. Tali ricerche hanno messo in luce come una dieta a basso contenuto di AGE’s sia associata ad una diminuzione dei relativi markers come le carbossimetil-lisina (CML) e i derivati del metil-gliossale (MG), così come i parametri infiammatori e di stress ossidativo (Garay-Sevilla, M.E.et al., 2020).

Una meta-analisi di pochi anni fa (Baye, E et al., 2017) relativa a studi che hanno coinvolto 560 partecipanti, ha dimostrato come impegnarsi in una dieta a basso tenore di AGE’s riduca l’insulino-resistenza nei diabetici oltre che a far diminuire la velocità dell’aumento dei livelli di insulina nei pazienti con diabete di tipo II (T2DM).

Anche l’osteoporosi, condizione tipica dell’Aging femminile (ma non solo), vede coinvolti questi composti (Yuanyuan Guo et al., 2021) la cui presenza sembra aggravare la diminuzione di densità ossea tipica di questo stato.

Malgrado la quantità di prove scientifiche raccolte, purtroppo non si è ancora sviluppata una piena consapevolezza, in termini di opinione pubblica, sull’impatto che questi composti hanno sulla nostra salute, soprattutto in relazione con gli alimenti a cui sono associati; tuttavia esistono evidenze chiare che indicano come sia chiaro il legame tra l’assunzione alimentare di questi composti e lo svilupparsi di una condizione infiammatoria e pro-ossidante riconducibile ad uno stato di patologia cronica.

Cosa fare allora?

Innanzitutto rivolgersi ad un nutrizionista che abbia competenze in medicina Anti-aging in modo da poter allestire un percorso individuale basato su un regime alimentare personalizzato e la verifica di specifici parametri quali stress ossidativo e livelli di AGE’s. Relativamente a quest’ultimo riferimento, oggi è disponibile nel mio studio lo strumento AGE’s SCANNER in grado di misurare la presenza di questi composti in soli 12 secondi e senza prelievo di sangue (non si tratta certamente di una diagnosi, piuttosto di una valutazione funzionale sullo stato del sistema biologico).

 

La prevenzione strategicamente accurata è a portata di mano, semplice, indolore, adesso.

 

 

Bibliografia:

  • Baye, E.; Kiriakova, V.; Uribarri, J.; Moran, L.J.; de Courten, B.: “Consumption of diets with low advanced glycation end products improves cardiometabolic parameters: Meta-analysis of randomised controlled trials”, Rep. 2017, 23, 2266.

 

  • Birlouez-Aragon, I.; Saavedra, G.; Tessier, F.J.; Galinier, A.; Ait-Ameur, L.; Lacoste, F.; Niamba, C.N.; Alt, N.; Somoza, V.; Lecerf, J.M.: “A diet based on high-heat-treated foods promotes risk factors for diabetes mellitus and cardiovascular diseases”, Am. J. Clin. Nutr. 2010, 91, 1220–1226.

 

  • Garay-Sevilla ME, Rojas A, et al.: “Dietary AGE’s as exogenous booster of inflammation”, Nutrients 2021, 13, 2802.

 

  • Garay-Sevilla, M.E.; Beeri, M.S.; de la Maza, M.P.; Rojas, A.; Salazar-Villanea, S.; Uribarri, J.: “The potential role of dietary advanced glycation end products in the development of chronic non-infectious diseases: A narrative review”, Nutr. Res. Rev. 2020, 33,298–311.

 

  • Koschinsky, T.; He, C.J.J.; Mitsuhashi, T.; Bucala, R.; Liu, C.; Buenting, C.; Heitmann, K.; Vlassara, H.: “Orally absorbed reactive glycation products (glycotoxins): An environmental risk factor in diabetic nephropathy”, Proc. Natl. Acad. Sci. USA 1997, 94, 6474–6479.

 

  • Uribarri, J.; Woodruff, S.; Goodman, S.; Cai, W.; Chen, X.; Pyzik, R.; Yong, A.; Striker, G.E.; Vlassara, H.: “Advanced glycation end products in foods and a practical guide to their reduction in the diet”, J. Am. Diet Assoc. 2010, 110, 911–916.

 

  • Yuanyuan Guo, Xiong Jia et al.: “Sirt-3 mediated mitopaghy regulates AGEs-induced senescence and senile osteoporosis”, Redox Biol 41 (2021), 101915.

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