Da oltre dieci anni mi occupo di naturopatia con particolare attinenza ai disturbi funzionali, mi riferisco a disturbi che riguardano un numero enorme di persone, non inquadrabili nell’ambito patologico e per questo non riconoscibili come interlocutori dal proprio medico curante che, dal suo punto di vista, non può che classificare il proprio paziente come “sano”.
“Chi non conosce il cibo non può capire le malattie dell’uomo”
Il ritmo di base, un concetto tanto caro a chi si occupa di Naturopatia Funzionale, studia il fisiologico alternarsi tra le due componenti fondamentali del nostro Sistema Nervoso Autonomo (SNA): quella parasimpatica e quella ortosimpatica, gli elementi che controllano il naturale compimento della nostra fisiologia che a sua volta sovraintende la nostra biochimica. Interferire sul loro rapporto significa produrre una distorsione della nostra fisiologia, con conseguente fiorire di disturbi funzionali che nulla hanno a che fare con l’inquadramento patologico.
Ancora nell’ottica funzionale il cibo assume un significato diverso e ricco di conseguenze. Certo è tradizione, cultura, passione e creatività, ma è anche e soprattutto chimica che, in quanto tale, una volta introdotta nel nostro organismo con l’alimentazione di tutti i giorni interagisce con la nostra biochimica che a sua volta finisce con l’influenzare la nostra fisiologia. Da questa interazione, se posta fuori dalla logica funzionale, possono essere sostenuti i disturbi tipici dell’alterazione del ritmo di base (bioritmo).
Stipsi, ansia, gonfiore addominale, difficoltà digestive (sovente accompagnate da cefalea), alvo alterno, sonnolenza post-prandiale, sono spesso indicatori della condizione sopra descritta e che presenta profondi legami con un’alimentazione che non tiene conto dell’impatto che ha il cibo sulla gestione dello stress e sul quale è sempre favorevole intervenire con gli strumenti propri della Naturopatia Funzionale.