“Chi conosce le proprietà dei farmaci ma non l’agopuntura, oppure conosce quest’ultima ma non la moxa, non è un vero medico”.

Chin Li Meng, Libro della scelta dei giorni e delle ore per l’agopuntura e la moxibustione.

In queste poche righe appare chiaro come nella pratica della Medicina Tradizionale Cinese (MTC) fosse conferita alla moxa la stessa dignità che veniva attribuita all’agopuntura e alla fitoterapia; storicamente, infatti, la moxa risulta strettamente legata all’agopuntura all’interno del complesso sistema medico-filosofico che è alla base della MTC. La moxa, in cinese Jiu, deriva dal giapponese “moe kusa” che vuol dire “erba che brucia”, consiste nella stimolazione dei canali energetici (i meridiani che scorrono lungo il nostro corpo) attraverso la sollecitazione di specifici punti collocati lungo il loro cammino grazie all’applicazione di calore sviluppato dalla combustione di artemisia (Artemisia vulgaris), un’erba assai diffusa in Cina.

Nei testi antichi il suo ideogramma indicava anche una torcia per l’illuminare il cammino, piuttosto che i bastoncini incandescenti utilizzati dall’oracolo nelle sue pratiche divinatorie (ci stiamo riferendo ad un esercizio antichissimo che diventerà un vero e proprio pilastro complementare alla medicina energetica: la divinazione energetica grazie all’interpretazione degli esagrammi dell’Yi-Jing o Libro dei Mutamenti, testi di cui persino il grande analista Jung ebbe modo di occuparsi scrivendo addirittura unaprefazione di una delle tante versioni tradotte).

La tradizione vuole che si usino le foglie raccolte prima della fioritura della pianta stessa, al volgere dell’estate quindi, per essere essiccate, stagionate ed in ultimo macinate. Attraverso la sua lavorazione si ottiene la lana di artemisia, che rappresenta la sua parte più soffice, quest’ultima viene applicata direttamente sulla pelle (moxa diretta), in corrispondenza dei punti da trattare, sotto forma di coni di diverse dimensioni, per essere poi fatti bruciare.

 

La moxa è disponibile anche sotto forma di sigaro (moxa indiretta) che, dopo essere stato acceso ad un’estremità (raggiungendo così una temperatura di oltre 700°C), viene posto ad una distanza di pochi centimetri dal punto da stimolare e, attraverso diverse tecniche (sigaro fermo, circolare, a beccata d’uccello), si utilizza nel trattamento finché la persona non riferisce una fastidiosa sensazione di calore. È solo allora che il sigaro viene allontanato mentre l’operatore esercita una pressione shiatsu sul punto per consentire al calore di andare in profondità.

 

 

Indipendentemente dalla tecnica utilizzata, l’effetto prodotto è quello di stimolare la circolazione del Qi (energia) nei meridiani in cui scorre, esercitando il suo effetto tanto sui meridiani stessi quanto sugli organi ad essi correlati. Moxibustione e agopuntura si basano sugli stessi principi su cui poggia la MTC, stimolano gli stessi punti seppur attraverso tecniche completamente diverse, si svilupparono parallelamente ma è ancora oggetto di discussione quale delle due discipline si sia manifestata prima dell’altra.

Dai reperti archeologici in nostro possesso sembra, infatti, che queste due tecniche possano risalire al Neolitico (5-8000 anni fa): a quell’epoca sembra che fosse in uso pungere il paziente con aghi grossolani fatti con pietra, bambù, schegge di osso e infine metallo (pratica questa forse derivante dall’influenza di popolazioni sud-orientali rispetto a quelle cinesi). La moxibustione (intesa come cauterizzazione, nella cura delle patologie croniche) invece, sembra essere riferita ad influenze provenienti da popolazioni poste a settentrione (soprattutto mongole). Risalgono al VII sec. a.C. i primi riferimenti storici (Libro delle Odi o Dei canti, Shi Jing), con precise istruzioni sulle modalità di raccolta dell’artemisia ma nessun cenno ad eventuali proprietà curative; intorno al 600 a.C. troviamo le prime controindicazioni a questa tecnica, prova dell’importanza che la moxa possedeva a quell’epoca.

Nel 300 a.C., nel Meng Zu, troviamo un riferimento importante, anche se non su un testo medico: “…l’abilità e l’ambizione di alcuni governanti nel guidare il proprio popolo è da paragonare a quella di un medico che per curare una malattia della durata di 7 anni va alla ricerca di artemisia invecchiata 3 anni: se non è stata raccolta e messa da parte in precedenza, il paziente rischia di morire prima che l’erba medicamentosa venga reperita.”

Infine il testo sicuramente più famoso e doverosamente da citare quando si procede nello studio della MTC è il Testo classico di medicina interna dell’imperatore giallo (Huang Ti Nei Ching Su Wen), probabilmente frutto di una stesura a più mani e a più riprese e fatto risalire all’epoca degli Stati Combattenti compresa tra il 400 e il 200 a.C.. Nel libro troviamo, e non poteva essere altrimenti, numerosi riferimenti alle modalità di utilizzo della moxa come uno dei metodi utilizzati dagli abitanti del nord della Cina per curare malattie dovute al freddo, vento freddo e ghiaccio.

Per comprendere la reale portata di questa straordinaria opera medica, voglio evidenziare come già in questa sede venisse raccomandata al medico un’accurata analisi dei sogni del paziente, oltre ad una loro corretta interpretazione, prima di emettere una diagnosi; la cura dello spirito, la dieta, ogni aspetto dell’essere umano veniva considerato e attentamente ponderato prima di intervenire.

Anche Marco Polo, nel suo leggendario viaggio in oriente, descrisse l’abitudine di alcune popolazioni nomadi (appartenenti ad un’area che oggi potremmo far coincidere con la Mongolia) di stimolare punti specifici posti sul padiglione auricolare attraverso la loro cauterizzazione, nel trattamento di dolori articolari, lombari, sciatalgie, soprattutto generati dal freddo o dall’umidità, grazie all’uso di rametti secchi (ma anche bambù) resi incandescenti.

Sono innumerevoli le fonti storiche in cui vengono riportati gli effetti della moxa, indicazioni, addirittura corredate di tavole e illustrazioni; fonti che si susseguono incessabilmente sino ai giorni nostri attraverso studi che vengono compiuti in ogni parte del mondo, la sua stupefacente efficacia nel trattamento di svariati disturbi. Si tratta, insomma, di una disciplina dalla storia tanto antica quanto affascinante, figlia di una tradizione medico-filosofica estremamente raffinata.

Per la sua stessa natura la moxa risulta utilissima nel trattamento dei prolassi, in tutte le forma di deficit, nei disturbi legati al freddo, asma, stipsi/diarrea, ansia, depressione. Nell’affrontare un’enterocolite, così come varie forme di malnutrizione, si è soliti applicare una moxa indiretta all’altezza dell’ombelico utilizzando come supporto del sale marino grosso.

Il trattamento di moxibustione con sigaro, infine, risulta particolarmente adatto ai bambini che solitamente non rifiutano tale trattamento (ottimo ad es. per la diarrea infantile).

È interessante ricordare come la pianta riceva il proprio nome dalla dea Artemide, secondo la credenza popolare dell’antica Grecia la dea che aiuta le madri a partorire, ed ancora oggi la moxa sia utilizzata anche in ambito ospedaliero nella risoluzione di mal posizionamenti fetali (feto podalico): stimolare un punto preciso del meridiano della vescica, tra la trentesima e la trentaseiesima settimana di gestazione, consente di ruotare il feto facendogli assumere la corretta presentazione in vista del parto, evitando così il cesareo alla madre.

La MTC, una medicina dalla storia plurimillenaria, ci consegna una delle tecniche più eleganti e rispettose della persona, efficaci oltre che sicure, adatte ad ogni tipo di soggetto. Sta a noi raccogliere quel patrimonio di conoscenza figlio di una cultura così apparentemente lontana, per tradurlo in una pratica quotidiana da applicare nel nostro lavoro.

Bibliografia:

o Consigli P.: “Agopuntura”, ed. Fabbri, 1998.

o Silla F.: “Moxa”, ed. Xenia, 2005.

o Veith I.: “Testo classico di medicina interna dell’imperatore giallo (Huang Ti Nei Ching Su Wen)”, ed. Mediterranee, 1976.

o Yves Requena: “Manuale pratico di moxa”, ed. Red, 1990.

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